sabato 29 giugno 2013

"Shoah", il ricordo di un'intera popolazione

         
Tipica "divisa" indossata dai prigionieri dei campi di concentramento
Parlare di Shoah o di Olocausto significa parlare dello sterminio sistematico ad opera dei nazisti di milioni di Ebrei che avvenne in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale, un genocidio che coinvolse circa 6 milioni di Ebrei.
La distruzione di circa i due terzi degli Ebrei d'Europa venne organizzata e portata a termine dalla Germania nazista mediante un complesso apparato amministrativo, economico e militare, con uno sviluppo progressivo che ebbe inizio nel 1933 con la segregazione degli Ebrei tedeschi, proseguì, estendendosi a tutta l'Europa occupata dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, con il concentramento e la deportazione e quindi culminò dal 1941 con lo sterminio fisico per mezzo di eccidi di massa sul territorio da parte di reparti speciali e soprattutto in strutture di annientamento appositamente predisposte (campi di sterminio).

Olocausto e Shoah
La parola "Olocausto" deriva dal greco ὁλόκαυστος (olokaustos, "bruciato interamente") e stava ad indicare un tipo di sacrificio religioso in cui il corpo della vittima animale, dopo l'uccisione, veniva bruciato completamente, così che nessuna parte commestibile poteva essere consumata.
A causa del significato religioso del termine, alcuni, ebrei ma non solo, trovano inappropriato l'uso di tale termine: costoro giudicano offensivo paragonare o associare l'uccisione di milioni di Ebrei a una "offerta a Dio". Più recentemente, quindi, per descrivere la tragedia ebraica di quel periodo storico, è stato adottato il termine “Shoah”, che significa "desolazione, catastrofe, disastro".
Politica razziale nazista

La politica razziale nazista, che trova le sue basi nelle teorie espresse già nel 1925 nel Mein Kampf, si evolvette progressivamente negli anni compresi tra il 1933 e il 1939. Il partito nazista divenne sempre più radicale nelle sue posizioni per il trattamento delle minoranze in Germania, in special modo nei confronti degli Ebrei.
Gli Ebrei erano allora in Germania una ristretta minoranza: circa 500.000 su una popolazione di oltre 60 milioni di abitanti. Ma, diversamente da quanto accadeva nei paesi dell'Europa orientale, erano concentrati in prevalenza nelle grandi città e, pur non facendo parte della classe dirigente tradizionale, occupavano le zone medio- alte della scala sociale: erano per lo più commercianti, liberi professionisti (un terzo dei medici e degli avvocati delle grandi città erano ebrei), intellettuali e artisti; parecchi avevano posizioni di prestigio nell'industria e nell'alta finanza.
Nei confronti di questa minoranza attivamente inserita nella comunità nazionale (oltre 100.000 Ebrei avevano combattuto nell'esercito tedesco durante la prima guerra mondiale), la propaganda nazista riuscì a risvegliare quei sentimenti di ostilità – contro la diversità etnica e religiosa e contro il presunto privilegio economico – che erano largamente diffusi, soprattutto fra le classi popolari, in tutta l'Europa centro-orientale.
La persecuzione fu ufficialmente sancita nel 1935 a Norimberga, quando vennero annunciate due nuove leggi che presero il nome, appunto, di leggi di Norimberga.
  • La prima, la legge sulla cittadinanza del Reich, negava agli Ebrei la cittadinanza germanica. Questo comportò la perdita di tutti i diritti garantiti ai cittadini come, ad esempio, il diritto di voto.
  • La seconda, la legge per la protezione del sangue e dell'onore tedesco, proibiva i matrimoni e le convivenze tra "ebrei" e “tedeschi”.

Sulla base di queste leggi fondamentali l'apparato politico-amministrativo del Reich sviluppò una lunga serie di nuove disposizioni e decreti che delinearono la cosiddetta "soluzione economica del problema ebraico", attraverso le cessioni o vendite delle attività ebraiche autonome, dei servizi, delle attività industriali e commerciali, dei valori mobili, delle terre e altri beni immobiliari.
Violenze ed emigrazione forzata

Le politiche antiebraiche della Germania nazista ebbero una svolta nel novembre 1938, quando, traendo pretesto dall'uccisione di un diplomatico tedesco a Parigi per mano di un ebreo, i nazisti organizzarono in tutta la Germania un gigantesco pogrom passato alla storia con il nome di «Notte dei cristalli». Ingenti furono i danni materiali (815 negozi distrutti, 171 case incendiate, 191 sinagoghe bruciate); inoltre 36 ebrei vennero uccisi, 36 gravemente feriti e oltre 20.000 deportati verso i campi di concentramento che erano stati creati da poco: 10.911 a Dachau (provenienti da Germania meridionale e Austria), 9.828 a Buchenwald (Germania centrale) e più di 6.000 a Sachsenhausen (Germania settentrionale).

Progetti di deportazione e ghettizzazione

Fotografia scatta nel ghetto di Varsavia, Polonia
L'inizio della seconda guerra mondiale e l'invasione della Polonia provocarono un radicale cambiamento della "questione ebraica" e l'attivazione da parte del Reich di nuove iniziative sempre più dure. Inizialmente, si ritenne necessario concentrare gli Ebrei in pochi centri urbani di raccolta secondo lo schema del ghetto, tra cui il più famoso è quello di Varsavia.
La vita degli Ebrei in queste aree totalmente isolate e sovraffollate divenne estremamente difficile: la fame e le malattie provocarono tassi di mortalità elevatissimi. Inoltre gli Ebrei dei ghetti vennero sfruttati nel lavoro coatto al servizio dell'apparato produttivo del Reich. In diversi ghetti la resistenza organizzò delle rivolte: quella del ghetto di Varsavia si protrasse per quarantadue giorni; il 16 maggio del 1943, tuttavia, della città non rimaneva che un cumulo di macerie.
La vittoria tedesca sul fronte occidentale dell'estate 1940 sembrò aprire prospettive di potere mondiale per il Terzo Reich e in questo contesto emersero nuovi progetti territoriali per risolvere il "problema" degli Ebrei d'Europa. Si passò da un piano di deportazione di tutti gli Ebrei in una non meglio precisata "colonia in Africa o altrove", all'individuazione del Madagascar, quale luogo dove gli Ebrei avrebbero vissuto sotto sorveglianza tedesca. Gli sviluppi bellici fecero svanire ben presto questi progetti; la crescente resistenza britannica rese del tutto impraticabile un eventuale trasporto via mare in Madagascar, e già prima dell'invasione dell'Unione Sovietica il piano era ormai stato abbandonato da Hitler.
Nei territori sovietici che furono occupati dall'esercito tedesco nei primi mesi dell'invasione risiedevano 4 milioni di Ebrei; circa 1,5 milioni riuscirono a fuggire abbandonando le proprie case e trasferendosi verso est insieme alle truppe sovietiche in ritirata, ma gli altri, concentrati prevalentemente nelle aree urbane, subirono le micidiali conseguenze dell'arrivo dell'invasore tedesco.
A partire dal luglio 1941, infatti, si scatenò nelle terre dell'est un'ondata di violenze, di massacri e di stermini di massa: i compiti venivano svolti con precisione burocratica e con un'attenta pianificazione logistica; le tecniche di sterminio erano standardizzate. Le vittime venivano condotte nei pressi di fossati anticarro o crateri di granata o erano costrette a scavare loro stesse delle fosse; quindi venivano uccise con il fuoco di mitragliatrice o armi leggere; in un secondo tempo si fece ricorso anche ad autocarri a gas provenienti da Berlino che fornirono un servizio mobile di gassazione.

L'internamento nei lager

Campo di sterminio di Auschwitz, Polonia
Il lager, il campo di concentramento, fu il luogo dove si concluse tragicamente la persecuzione nazista degli Ebrei. I campi di concentramento apparvero immediatamente dopo la presa di potere da parte dei nazisti: Dachau, il primo, fu creato da Heinrich Himmler il 20 marzo 1933, quale “campo di custodia” per tutti gli avversari politici del nazionalsocialismo.
Nel 1936 la gestione dei campi venne affidata alle SS di Himmler: da allora divennero efficientissimi luoghi di reclusione e di lavoro forzato per i nemici del regime. Buchenwald, Sachsenhausen, Flossemburg, Ravensbruck, Mauthausen (sorto in Austria dopo l'annessione), Auschwitz (in Polonia): l'intero Reich fu costellato di campi di concentramento.

La soluzione finale

A partire dal 1942 le persecuzioni nei confronti degli Ebrei si intensificarono; prese avvio infatti la cosiddetta “soluzione finale del problema ebraico”: in tutti i paesi d'Europa occupati dai Tedeschi gli Ebrei, già relegati nei ghetti, vennero “rastrellati” sistematicamente per essere avviati in quelli che ormai potevano definirsi veri “campi di sterminio”. Della soluzione finale fu incaricato il colonnello delle SS Adolf Eichmann.
Gli Ebrei venivano registrati, riuniti in immensi campi di raccolta, caricati sui carri bestiame dei convogli e trasportati verso oriente, verso i campi di annientamento di Auschwitz, di Majdanek o di Treblinka.
Le eliminazioni di massa venivano condotte in modo sistematico attraverso metodi sempre più efficienti: dalle fucilazioni, all'uso dello Zyklon – B (acido prussico cristallizzato) di Auschwitz.
Le esecuzioni di massa a mezzo dei gas si protrassero fino alla primavera del 1945, a ritmo sempre più serrato dal 1944, da quando cioè le sorti della guerra avevano cominciato a peggiorare per i Tedeschi ed Hitler si era posto il problema dell'eliminazione dei prigionieri nei lager”.
Negli ultimi giorni di guerra, i tedeschi cercarono di eliminare ogni traccia dei massacri compiuti, dai documenti ai cadaveri, mediante cremazione e dispersione delle ceneri.
La liberazione dei lager nazisti
I militari sovietici furono i primi a liberare i campi più vicini a loro a partire dal luglio del 1944. Nel frattempo le SS avevano cercato di distruggere tutte le prove dello sterminio.
I militari sovietici arrivarono ad Auschwitz, campo di concentramento e di sterminio, nel gennaio del 1945. I tedeschi prima di scappare avevano distrutto i magazzini, ma nella fretta di fuggire erano rimasti intatti quelli che conservavano gli oggetti personali delle persone assassinate: i russi scoprirono centinaia di migliaia di abiti civili da uomo, più di 800.000 vestiti da donna e più di 6.000 chili di capelli.

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