sabato 29 giugno 2013

Eugenio Montale: il ricordo della "Mosca"

Eugenio Montale e la moglie Drusilla Tanzi, detta la " Mosca"


Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale


Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.


La poesia, composta nel novembre del 1967, è contenuta nella raccolta Satura, che comprende poesie scritte appunto tra il 1962 e il 1970, ed è tratta dalla sezione Xenia (Xenia II, 5), dedicata alla malinconica e dolce rievocazione della moglie del poeta, Drusilla Tanzi, morta nel 1963, dopo solo un anno dal matrimonio, la quale torna alla mente del poeta per la sua semplicità e voglia di vivere. Col termine “Xenia”, nella tradizione classica, s'indicavano i brevi componimenti, detti epigrammi, che accompagnavano i doni fatti ad un ospite nel momento in cui lasciava la casa che lo aveva accolto e così Montale, attraverso questa raccolta di brevi poesie, intende fare un pensiero alla moglie nel momento della sua partenza senza ritorno.

In questa poesia, in cui l'autore traccia con tenerezza la figura della moglie in una dimensione di quotidianità, la scala e il viaggio diventano metafore di vita. Il poeta, che ha sceso le scale con la moglie, cioè ha condiviso con lei le difficoltà quotidiane nel viaggio della vita per tanto tempo (ma un tempo esistenziale comunque sentito come breve), ora, rimasto solo, ne sente terribilmente la mancanza, prova un grande senso di vuoto perché ha perduto un punto di riferimento fondamentale della sua vita.
Il poeta, che apparentemente aveva fatto da guida alla moglie, affetta da una forte miopia, porgendole il braccio, si accorge e diviene consapevole di essere stato guidato; il gesto del “dare il braccio” alla moglie, presupponeva che fosse lei a essere più bisognosa di una guida, di un aiuto. Tuttavia, nel percorso della vita era il poeta a sentire il supporto indispensabile della sua profonda capacità di vedere, dietro le apparenze; dunque le "vere pupille" erano state le sue.
In realtà era la Mosca (questo il nomignolo attribuitole scherzosamente dagli amici per le spesse lenti) a fargli da guida, perché i suoi occhi, benché offuscati, erano gli unici a saper vedere, a cogliere il senso profondo del reale. Vivendo con lei, il poeta ha preso consapevolezza di questa verità, ha conquistato la capacità di vedere, non teme più gli inganni, gli insuccessi, le banali preoccupazioni della vita, che gli appaiono ormai privi di significato. Al viaggio che il poeta continua a compiere non servono e non capitano più coincidenze o prenotazioni. La realtà non è quella che si vede con gli occhi e si percepisce con i sensi, fatta d’impegni e casualità (coincidenze e prenotazioni), insidie e delusioni (trappole e scorni), ma è qualcosa che va al di là delle apparenze e resta misterioso per l'uomo. Resta, però, il vuoto. Un vuoto che aumenta a ogni gradino, seppure sorretto dal ricordo vivido e dalla più sentita riconoscenza.
Dal punto di vista stilistico-espressivo, la lirica, in versi liberi, si avvale di un linguaggio usuale e quotidiano, che è funzionale al tema domestico e privato, e contribuisce al tono dimesso e malinconico dell'insieme.



Avevamo studiato per l'aldilà


Avevamo studiato per l'aldilà
un fischio,un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.


Il componimento, il quarto della prima sezione degli Xenia, ha la forma di un dolce e malinconico epigramma dedicato, come gli altri, al ricordo e al difficile colloquio con la moglie da poco scomparsa, alla quale egli offre il dono, solo apparentemente minimo, della sua poesia.
Il poeta rievoca una specie di scherzo concordato assieme alla moglie: i due avevano immaginato di poter comunicare anche dopo la morte per mezzo di qualche segnale particolare. Adesso dopo la scomparsa della Mosca, il poeta prova a modularlo.

Questo tentativo è innanzitutto un sintomo di rimpianto per la moglie morta. Ma la poesia fornisce per il gesto di Montale un’implicazione più profonda, ovvero la speranza (espressa con ironia) che tutti siamo già morti senza saperlo. Si esprime qui la prospettiva del rovescio, tipica dell’ultima stagione della poetica di Montale.

L’ironia del poeta dà adito a due possibili ipotesi:
- egli forse, vuole dirci che non c’è alcun aldilà, alcuna possibilità effettiva di rincontrare la moglie.
- o forse pensa che aldilà e aldiqua sono termini intercambiabili e che il mistero coinvolge non solo la vita oltre la morte, ma innanzitutto questa vita, della quale non sappiamo nulla. 

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