![]() |
| Eugenio Montale e la moglie Drusilla Tanzi, detta la " Mosca" |
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
Ho
sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho
sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
La
poesia, composta nel novembre del 1967, è contenuta nella raccolta
Satura,
che comprende poesie scritte appunto tra il 1962 e il 1970, ed è
tratta dalla sezione Xenia
(Xenia
II, 5), dedicata alla malinconica e dolce rievocazione della moglie
del poeta, Drusilla Tanzi, morta nel 1963, dopo solo un anno dal
matrimonio, la quale torna alla mente del poeta per la sua semplicità
e voglia di vivere. Col termine “Xenia”, nella tradizione classica,
s'indicavano i brevi componimenti, detti epigrammi, che
accompagnavano i doni fatti ad un ospite nel momento in cui lasciava
la casa che lo aveva accolto e così Montale, attraverso questa
raccolta di brevi poesie, intende fare un pensiero alla moglie nel
momento della sua partenza senza ritorno.
In
questa poesia, in cui l'autore traccia con tenerezza la figura della
moglie in una dimensione di quotidianità, la scala e il viaggio
diventano metafore di vita. Il poeta, che ha sceso le scale con la
moglie, cioè ha condiviso con lei le difficoltà quotidiane nel
viaggio della vita per tanto tempo (ma un tempo esistenziale
comunque sentito come breve), ora, rimasto solo, ne sente
terribilmente la mancanza, prova un grande senso di vuoto perché ha
perduto un punto di riferimento fondamentale della sua vita.
Il
poeta, che apparentemente aveva fatto da guida alla moglie, affetta
da una forte miopia, porgendole il braccio, si accorge e diviene
consapevole di essere stato guidato; il gesto del “dare il
braccio” alla moglie, presupponeva che fosse lei a essere più
bisognosa di una guida, di un aiuto. Tuttavia, nel percorso della
vita era il poeta a sentire il supporto indispensabile della sua
profonda capacità di vedere, dietro le apparenze; dunque le "vere
pupille" erano state le sue.
In
realtà era la Mosca (questo il nomignolo attribuitole
scherzosamente dagli amici per le spesse lenti) a fargli da guida,
perché i suoi occhi, benché offuscati, erano gli unici a saper
vedere, a cogliere il senso profondo del reale. Vivendo con lei, il
poeta ha preso consapevolezza di questa verità, ha conquistato la
capacità di vedere, non teme più gli inganni, gli insuccessi, le
banali preoccupazioni della vita, che gli appaiono ormai privi di
significato. Al viaggio che il poeta continua a compiere non servono
e non capitano più coincidenze o prenotazioni. La realtà non è
quella che si vede con gli occhi e si percepisce con i sensi, fatta
d’impegni e casualità (coincidenze e prenotazioni),
insidie e delusioni (trappole e scorni), ma è qualcosa
che va al di là delle apparenze e resta misterioso per l'uomo. Resta,
però, il vuoto. Un vuoto che aumenta a ogni gradino, seppure
sorretto dal ricordo vivido e dalla più sentita riconoscenza.
Dal
punto di vista stilistico-espressivo, la lirica, in versi liberi, si
avvale di un linguaggio usuale e quotidiano, che è funzionale al
tema domestico e privato, e contribuisce al tono dimesso e
malinconico dell'insieme.
Avevamo studiato per l'aldilà
Avevamo studiato per l'aldilà
un
fischio,un segno di riconoscimento.
Mi
provo a modularlo nella speranza
che
tutti siamo già morti senza saperlo.
Il
componimento, il quarto della prima sezione degli Xenia, ha la
forma di un dolce e malinconico epigramma dedicato, come gli altri,
al ricordo e al difficile colloquio con la moglie da poco scomparsa,
alla quale egli offre il dono, solo apparentemente minimo, della sua
poesia.
Il
poeta rievoca una specie di scherzo concordato assieme alla moglie: i
due avevano immaginato di poter comunicare anche dopo la morte per
mezzo di qualche segnale particolare. Adesso dopo la scomparsa della
Mosca, il poeta prova a modularlo.
Questo tentativo è
innanzitutto un sintomo di rimpianto per la moglie morta. Ma la
poesia fornisce per il gesto di Montale un’implicazione più
profonda, ovvero la speranza (espressa con ironia) che tutti siamo
già morti senza saperlo. Si esprime qui la prospettiva del rovescio,
tipica dell’ultima stagione della poetica di Montale.
L’ironia
del poeta dà adito a due possibili ipotesi:
- egli forse, vuole
dirci che non c’è alcun aldilà, alcuna possibilità effettiva di
rincontrare la moglie.
- o forse pensa che aldilà e aldiqua sono
termini intercambiabili e che il mistero coinvolge non solo la vita
oltre la morte, ma innanzitutto questa vita, della quale non sappiamo
nulla.

Nessun commento:
Posta un commento