Edvard
Munch (1863-1944) è un pittore norvegese, importante precursore
della corrente artistica dell’espressionismo. Munch visse una vita
tragica, che influenzerà pesantemente il suo pensiero e il suo modo
di fare pittura. I principali temi da lui trattati sono l’angoscia,
il male di vivere e la morte. Quest’ultima in particolare
accompagnerà l’intero arco della sua esistenza: egli viene difatti
a contatto con essa già durante l’infanzia, quando, a soli cinque
anni, assiste alla morte della madre e, successivamente, alla morte
della sorella Sophie, causata dalla tubercolosi.
Nel
dipingere i suoi quadri egli si allontana progressivamente dal
realismo, utilizzando una tecnica piuttosto nervosa. Tra le sue
maggiori fonti abbiamo l’Art noveau, la pittura simbolista e i
pittori post- impressionisti (Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Gaugin).
Utilizza colori evocativi, stesi con pennellate lunghe, ondulate e
ripetute, talvolta apparentemente trascurate. Anticipa
l’espressionismo per diversi aspetti: la tendenza a fare aloni
intorno alle teste dei personaggi per indicarne lo stato d’ansia, i
cieli rossastri che simboleggiano la pazzia, le fughe prospettiche
vertiginose che indicano il desiderio di evasione e i confini ambigui
tra figura e sfondo per esaltare il contatto con la realtà
interiore.
Nonostante
non sia la sua opera più famosa, Bambina malata è il dipinto senza
dubbio più vissuto e sentito da Munch, tanto che è considerato la
matrice di tutto ciò che produrrà in seguito. Addirittura, secondo
alcuni critici, “questo quadro è la ragione stessa della sua
pittura, forse Munch è diventato pittore solo per riuscire a
dipingere l’agonia della sorella Sophie”. Esistono difatti cinque
versioni del dipinto e diverse variazioni grafiche, specialmente
litografie, di cui si è perso il conto.
Appunto,
in quest’opera Munch affronta il tema dell’angoscia per la morte,
ricordando la prematura scomparsa della sorella Sophie, appena
quindicenne, evento che lascio un segno indelebile nella vita del
pittore, egli affermò difatti “che nessun pittore ha probabilmente
vissuto il suo tema fino all’ultimo grido di dolore come me quando
ho dipinto la Bambina
malata.
La
scena rappresenta una ragazza dai capelli rossi, seduta nel letto,
appoggiata con le spalle a un grosso cuscino bianco. La pelle di
questa è estremamente pallida, quasi trasparente, che, insieme al
chiarore del cuscino, sono le uniche fonti di luce della
composizione. Accanto al letto, vi è una figura femminile (che
potrebbe essere la madre rappresentata sotto forma di ricordo)
ripiegata su sé stessa che soffre a causa della morte imminente
della malata, mentre quest’ultima, assume un atteggiamento di
quieto distacco, di accettazione del suo destino. Le due sono unite
dal gesto delle mani che si stringono a vicenda, tuttavia queste
sembrano quasi cancellate, come se quel gesto fosse stato consumato
dalla sua impotenza a trattenere. L’intreccio di queste mani non è
casuale, ricade perfettamente all’incrocio delle due ipotetiche
diagonali della composizione. L’ambiente in cui si svolge la scena
è angusto, si riesce quasi a cogliere la pesantezza dell’aria,
proprio perché Munch vuole metterci in stretto contatto con la
malattia e la sua esperienza di quell’accadimento. Nella stanza
sono presenti inoltre alcuni elementi simbolo che rappresentano il
presagio della morte, come ad esempio il bicchiere pieno a metà o la
tenda parzialmente scostata che scopre solo un angolo della finestra.
La critica non accoglie l’opera in maniera positiva a causa dello
stile innovativo e antiaccademico. Munch difatti sostituisce alla
descrizione realistica dei corpi dei semplici abbozzi di colore,
trasgredendo tutte le convenzioni riguardanti il disegno e la luce.
La superficie della tela appare graffiata, raschiata, ripresa più
volte, mentre le linee verticali richiamano le sopracciglia del
pittore. Egli non vuole fornirci una rappresentazione fedele alla
realtà, ma vuole raffigurare, attraverso personaggi, oggetti e
paesaggi, il sentimento, le passioni e l’angoscia.
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Morte nella camera della malata, 1895, tempera e pastello su tela, Oslo Galleria Nazionale |
Morte nella camera della malata
Anche
in questa tela Munch rappresenta l’agonia della sorella Sophie, ma
stavolta vista attraverso il dolore dei familiari, riuniti intorno al
suo letto di morte, tra i quali possiamo scorgere anche
l’autoritratto dell’artista, l’uomo in primo piano girato di
spalle. Sophie è seduta di spalle su una sedia dall’alto
schienale, che le facilitava la respirazione, anche se la sua persona
rimane così quasi totalmente nascosta, a eccezione del braccio
sinistro. La donna in piedi accanto a lei è probabilmente la zia
Karen, che aveva curato i bambini dopo la morte della madre; l’uomo
anziano girato verso lo spettatore è invece il padre, che piega il
volto cingendosi le mani. In fondo a sinistra abbiamo invece il
fratello Andreas, che morirà anch’esso anni dopo di polmonite, che
si appoggia al muro, affranto. Le due donne sono Laura, seduta con le
mani giunte, e Inger, che guarda lo spettatore con uno sguardo fisso,
assente. Inger, con il volto scarno e gli occhi gonfi di pianto è
l’unica figura che stabilisce un contatto con l’osservatore,
mentre le altre persone sono silenziose, senza volto, proprio per
sottolineare l’incomunicabilità del dolore. Il dolore non unifica
i personaggi, ma li distanzia: ognuno è difatti chiuso nel proprio
sentimento che lo consuma. Munch non vuole rappresentare la morte
fisica, ma il senso di disperazione che pervade ogni membro della
famiglia. L’ambiente suggerisce questa idea di solitudine e di
separazione a causa delle superfici vuote del pavimento e del muro.
Questa tela vuole essere una sorta di messa in scena del ricordo, le
figure sono rappresentate all’età che avevano all’epoca
dell’esecuzione del dipinto, non dell’accadimento. Questo per
simboleggiare che il dramma familiare raffigurato lascerà per sempre
il segno nella vita di ciascun membro della famiglia.
La madre morta e la bambina
In
questa tela Munch rappresenta la morte della madre, avvenuta quando
l’artista aveva solo 5 anni. Sullo sfondo della scena vi sono i
parenti, a sinistra scorgiamo le sagome di due donne, Inger e Laura,
mentre di fianco, oltre alla figura di Munch stesso, vi sono anche il
padre e il fratello Andreas, entrambi ormai deceduti rispetto agli
anni in cui venne realizzata l’opera. Proprio per questo motivo i
personaggi sullo sfondo sono rappresentati in bianco e nero, come per
alludere alla loro condizione, come se fossero fantasmi. Vi è però
un eccezione: sebbene pure la sorella Sophie fosse già morta, viene
rappresentata in primo piano, con abiti e capelli dai colori accesi.
La sua figura viene quasi inglobata dal letto della madre, a causa
della presenza di un alone rosso sul pavimento, della stessa tonalità
del vestito della bambina. La madre, distesa nel letto con gli occhi
chiusi, è appena abbozzata e ha la funzione di separazione tra i due
piani.
Rimane
Sophie la vera protagonista della scena: essa si gira verso lo
spettatore con occhi sbarrati, portando le mani alle orecchie, stesso
gesto che troviamo nell’opera più conosciuta di Munch, “Il
grido”. La bambina cerca di tapparsi le orecchie per difendersi dal
rumore interiore provocato dal dolore per la morte.
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